Carlotta Rossignoli è un modello da emulare o evitare?



Giovane, bella, competente e di successo.

Questo è il modello incarnato dalla giovane Dott.sa Rossignoli.

È giusto esaltare e lodare i suoi traguardi?

È corretto dedicarle tanta visibilità in modo da indurre altri giovani a seguire il suo percorso?

I geni sono sempre esistiti e tutti lì abbiamo ammirati e tratto beneficio dalle loro scoperte.

Quello su cui vorrei riflettere, non è tanto il traguardo raggiunto dalla neo dottoressa, ma il termine di paragone con cui confrontarsi.

I modelli da emulare, da cui prendere spunto non sono più le persone a noi prossime, ma quelli che il web ci propone e crediamo che se non raggiungiamo quel target non siamo persone complete.

Allargando gli orizzonti proviamo a riflettere sulle giovani "Farfalle" di Desio.

Dietro i loro successi agonistici, i loro corpi perfetti e le performance mozzafiato da fare sognare un pubblico adulto e non, sono emersi abusi psicologici, diete restrittive fino a portarle allo svenimento.

Una società che ci pone costantemente come modelli d'ispirazione persone che hanno alle spalle un fardello come quello delle ginnaste o che ci lasciano pensare che sia giusto non rispettare il ritmo sonno/veglia per raggiungere un obiettivo o che si possa mettere in secondo piano le relazioni sociali non è forse una società che soffre di una tremenda devianza?

Perché la società attuale ci propone icone che hanno delle vite improntate sul sacrificio e l'abnegazione?

In un mondo in cui l'informazione passa, a tutti i livelli, attraverso uno smartphone e senza filtri non è forse giusto chiedersi se siamo certi che i nostri figli vengano a contatto con questa realtà distorta?

Posso solo immaginare il dolore dei genitori delle ginnaste di Desio quando hanno scoperto il sacrificio assurdo delle figlie per un possibile podio.

Posso immaginare la preoccupazione dei genitori di Carlotta Rossignoli che ha dichiarato di ridurre al minimo le ore di sonno e di non preoccuparsi perché non aveva relazioni sociali, ma che il suo unico scopo era quello di conseguire la laurea.

È forse un modo sano questo di costruire la propria vita?

Siamo in grado, come adulti, di mettere in guardia i nostri figli rispetto a tutto questo?

Riusciamo ad intessere una discussione aperta volta a sviluppare un senso critico rispetto alle informazioni che piovono copiose nei telefoni dei nostri figli?

Sono convinta che una guerra a queste informazioni sia persa, ma credo che possiamo combatterla utilizzando strumenti come la riflessione e la consapevolezza nei nostri figli.

Non possiamo certo proibire loro l'uso dei social, ma facciamo in modo che diventi un uso costruttivo per la loro crescita.

È vero, il successo si ottiene attraverso il sacrificio e l'impegno, ma qual'è il limite oltre il quale non bisogna andare?

Quali sono i modelli sani da cui prendere spunto?

Una citazione che trovo calzante, letta su uno dei tomi di psicologia su cui ho studiato è "come si mangia un elefante? A piccoli morsi".

Custodiamo questa frase come monito ad una società che ci impone "tutto e subito" e insegniamo ai nostri figli che è giusto porsi degli obiettivi, ma che quest'ultimi non devono essere lo scopo della nostra vita.

La vita, quella vera, è fatta di relazioni, di profumi, di confidenze, abbracci, amore. Non solo di successi ottenuti a qualsiasi costo, perché alla fine, la cosa più importante sono gli affetti.




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