Charme, raffinatezza e coraggio

Per avere degli occhi belli, cerca la bontà negli altri; per avere labbra attraenti, pronuncia parole gentili; e per il portamento, cammina con la consapevolezza che non sei mai sola. (Audrey Hepburn)



Sono nata in un'epoca dove le ragazze del mio ceto frequentavano le scuole per 'signorine', ovvero scuole femminili destinate all'alta società. Sono stata educata alla raffinatezza e all'eleganza. Doti che mi contraddistinguono ancora oggi che sono una donna vicina ai 70. Non esco mai di casa senza essere impeccabile ed elegante ed ho imparato che gli anni che passano si celano meglio con un abito adatto piuttosto che ricorrere ad abbigliamenti non idonei al trascorrere inesorabile del tempo.

Nascondo le rughe al collo con magnifici dolcevita impreziositi da collane sempre intonate all'abito che indosso. Metto un velo di crema colorata al viso e maschero le occhiaie con simpatiche montature che mi rendono presentabile,anche quando ho trascorso la notte insonne per gli acciacchi dell'età.

Sono nata in una famiglia decisamente benestante, ma che, al di là delle apparenze legate al lignaggio, mi ha sostenuta nella scelte difficili della mia vita.

La mia infanzia ed adolescenza sono trascorse nel rispetto della mia vivacità e sempre spinta ad esplorare l'ignoto. Ho studiato lingue ed arte e mio padre mi ha spronata a girare il mondo per seguire la mia passione per l'arte e la bellezza.

Sono fra quelle ragazze che hanno partecipato al ballo delle debuttanti. In quella occasione ho conosciuto l'uomo che avrei sposato di lì a poco.

Ero una giovane donna, innamorata dell'amore romantico. Quello che ti fa sognare e palpitare il cuore. Quello che avevo visto immortalato in molti quadri e sculture che avevo studiato e che mi avevano aperto la chiave dell'immaginazione.

Complice la mia anima artistica, il romanticismo dei libri che divoravo in biblioteca e i racconti legati alla storia dei miei genitori che si sono conosciuti al medesimo ballo, mi sono immediatamente calata nel ruolo di Giulietta che disperatamente vuole il suo Romeo.

Lui era più anziano di me di qualche anno, giovane, in divisa ed aspirante medico. Alto moro, con due occhi scuri che ti penetravano l'anima. Dai modi garbati ed educati.

Quella sera ho sperato mi invitasse per un ballo e, come nelle più belle favole, lui è arrivato ed abbiamo iniziato la nostra danza. Volteggiavo al ritmo di walzer e ad ogni giro anche il mio cuore si alleggeriva per cedere spazio a tutte le emozioni che si stavano sciogliendo dentro di me.

Innamorata dell' amore ho creduto si trattasse di un colpo di fulmine. Non avevo pace, pensavo a lui ogni istante della giornata. Mi sorprendevo ad immaginare il mio futuro fiabesco con lui.

Ero un'anima in pena.

Lui ha iniziato un corteggiamento serrato.

Mi inviava fiori che io annusavo ed ammiravo lasciandomi prendere dalle fantasie più sfrenate.

Il corteggiamento è durato poco e in pochi mesi ero decisa a sposarlo.

Mio padre non era convinto di questa unione, ma non si è opposto. Così,appena diciottenne e non ancora maggiorenne, sono convolata a nozze.

Mi sentivo una regina e camminavo sempre leggera e felice.

Dopo la cerimonia ci siamo trasferiti al sud.

Lui era in licenza ed io l'avrei seguito in capo al mondo. Il nostro trasferimento rappresentava, per me, un'altra avventura, questa volta non in solitaria, ma al fianco del mio amore.

Giunti alla sua terra natale la situazione si è immediatamente capovolta.

I suoceri mi hanno costretta a vestirmi solo in nero, non potevo uscire di casa se non accompagnata.

Mi sentivo un animale in gabbia.

Non ero più padrona di me stessa.

Ero frastornata ed impaurita. Non c'era nessuno con cui potessi condividere le mie pene, neppure il mio sposo sembrava comprendere il mio disagio, anzi lui era convinto che da moglie dovessi sottostare alle abitudini della sua famiglia.

Sono rimasta incinta della mia prima figlia e dopo un paio di mesi dal parto, mi sono accorta di essere nuovamente in dolce attesa.

Nonostante la gioia della maternità, ero sempre più convinta che quella situazione non potesse procrastinare ancora molto.

Non avevo il coraggio di mettermi in contatto con la mia famiglia. Mi risuonavano gli ammonimenti ricevuti rispetto alla mia scelta, che ora consideravo scellerata. Forse anche un pizzico d'orgoglio mi tratteneva dal contattare mio padre palesandogli la situazione in cui stavo vivendo.

Soffrivo silenziosamente, ma dentro di me meditavo ad una soluzione che mi permettesse di porre fine a quell'inferno dove mi ero cacciata.

Tenuto conto che ero incinta del mio secondo figlio e certa che non l'avrei messo alla luce in quella situazione, ho iniziato a pensare ad una soluzione.

Non potevo certo chiedere il divorzio, a quell'epoca non si poteva ancora.

Ho ripescato dal mio profondo le risorse necessarie per salvarmi.

Come Matha Hari ho iniziato ad escogitare il mio piano di fuga.

Tenuto conto che avrei dovuto affrontare un lungo viaggio, era fondamentale trovare il modo di procurarmi dei soldi di nascosto.

Le possibilità erano poche, non potendo uscire da sola l'unica idea che mi venne in mente fu quella di ingannare la mia nuova famiglia con i soldi della spesa.

Ho iniziato a racimolare monetine, nasconderle e ,come una formica ,lentamente mi sono ritrovata con il piccolo gruzzolo necessario per un biglietto del treno.

La prima parte del mio obiettivo era raggiunta, non senza trasalimenti e paura di essere scoperta!

Nel frattempo vengo a conoscenza del tradimento di mio marito. Decido di affrontarlo e rimedio schiaffi e percosse. La situazione, ormai degenerata, mi dà la propulsione finale per avere il coraggio di scappare.

Rifletto sulle possibilità. Devo allontanarmi in un momento in cui tutti siano occupati in altre operazioni.

L'unica soluzione che mi pare praticabile è la fuga notturna.

Attendo che tutti dormano profondamente e, legando le lenzuola una ad una mi calai dalla finestra con la mia piccola avvinghiata con una sorta di marsupio. Mamma canguro non poteva desistere ora.

Durante la mia pseudo evasione sentivo il sudore che mi colava lungo la schiena e i miei battiti correvano all'impazzata, ma non avevo tempo per i ripensamenti. Dovevo andarmene!

Il tragitto dalla finestra della mia stanza al giardino sottostante è stato lunghissimo. Mi muovevo lentamente per paura che potessi svegliare qualcuno o che i nodi alle lenzuola non fossero sufficientemente stretti.

Quando le punte dei miei piedi hanno avvertito il suolo, per un attimo ho avuto l'istinto di urlare, ma quell'urlo l'ho immediatamente ricacciato nelle mie viscere più profonde.

Sono giunta al cancello con il fiato corto, paonazza e tremante, ma appena chiuso il portone d'ingresso mi sono sentita meglio.

Ho respirato a pieni polmoni, ho pianto di gioia e poi mi sono incamminata verso la stazione dove ho preso il primo treno per raggiungere degli amici che mi avrebbero sicuramente aiutata.

I soldi a mia disposizione non erano sufficienti per un biglietto fino alla mia casa natale.

Il giorno seguente mi sono presentata a casa loro che mi hanno condotta, questa volta in auto, dai miei genitori.

Sono arrivata alle prime luci dell'alba e per non svegliare i miei genitori ho atteso qualche ora fuori dalla porta.

Non so se si trattasse di rispetto o se temessi una reazione del tipo "ora sei sposata, torna da tuo marito ".

Forse i mesi trascorsi con la famiglia di mio marito avevano un tantino intaccato la mia lucidità.

Ero consapevole della comprensione e lungimiranza della mia famiglia, ma nell'attesa, mille mostri erano giunti al mio cospetto e si insidiavano nella mia mente così velocemente da sentirmi sopraffatta. Immaginavo mio padre che mi allontanava da casa, mia madre che mi urlava in faccia che avevo infangato il nome della famiglia.

Mi sentivo in un vortice e avvertivo chiaramente il risucchio della paura.

Ho invocato istintivamente la mia Matha Hari immaginandola con una pistola stretta in pugno che utilizzata per colpire ciascun mostro giunto alla soglia della mia psiche impadronendosi del mio equilibrio.

Finalmente ero libera e in grado di pigiare il pulsante del citofono.

Una voce assonnata ed incredula mi ha accolta: mio padre.

Sono solo riuscita a dirgli "da mio marito non ci torno. Posso restare qui o devo andarmene?"

Lui mi ha risposto con una frase che non dimenticherò mai: "questa è casa tua e lo sarà finché ne avrai bisogno."

I giorni seguenti li ho trascorsi cercando una soluzione per la mia piccola famiglia.

Legalmente potevo percorrere una sola strada, con la possibilità di vittoria del 50 per cento.

Ho attivato le pratiche per separarmi definitivamente da quel periodo buio e nel frattempo mi sono messa alla ricerca di un posto di lavoro.

L'ho trovato lontano da casa, ma la paga era buona e mi permetteva di affrontare le spese per mantenere i miei figli. I miei genitori hanno ricoperto il ruolo di nonni/genitori e hanno assicurato a noi la possibilità di una vita accogliente e normale. Sono anche riuscita a laurearmi all'accademia delle belle arti, sigillando il mio amore per l'arte.

Grazie ai miei modi raffinati, alla mia pazienza ho lavorato per le più grandi case di moda.

Ho partecipato a sfilate e presentazioni di collezioni indossando abiti stupendi che hanno ulteriormente forgiato il mio modo di essere allora ed oggi.

Ho viaggiato molto fra le capitali della moda e non so neppure quanti chilometri ho percorso in treno per tornare dai miei figli.

Il tempo è trascorso velocemente e quando erano ormai entrambi ventenni ho conosciuto un uomo che è stato al mio fianco fino alla fine dei suoi giorni.

Lui mi ha permesso di rinascere come donna e mi ha regalato gli anni più belli della mia vita.

Sono andata a convivere con lui con la benedizione dei miei genitori, questa volta.

I miei figli avevano le loro strade avviate ed io l'ultima occasione di essere me stessa.

Abbiamo vissuto godendoci la vita. Sempre insieme e viaggiando in barca, alle volte, altre permettendoci viaggi indimenticabili.

Finché si è ammalato ed io l'ho assistito fino alla sua dipartita.

Ora sono sola da qualche anno, ho venduto gli abiti sontuosi del mio passato e mi sono trovata a dover contare di nuovo gli spiccioli per fare la spesa.

Dentro di me sono selvaggiamente raffinata e quel modo di essere mi rende orgogliosa di ciò che ho fatto nella mia vita.


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