Piccola Stella

“Non si tratta di togliere la sensazione della mente, né di nasconderla, ma di sperimentarla con accettazione" (Carl Rogers)


Le festività natalizie erano appena terminate e Paolo ed io eravamo intenti a riporre nelle scatole gli addobbi natalizi. Era un momento particolare, non solo per il periodo festoso, ma perché avevamo deciso di diventare genitori e fra un addobbo e l’altro, riposto nella scatola, immaginavo che l’anno successivo fra noi ci sarebbe stata anche la nostra bambina… fantasticavo sulla mia piccola nella culla, con i suoi grandi occhi da cerbiatta, le manine paffutelle i riccioli neri che mi osservava ridendo. Percepivo il suo dolce profumo e lo sguardo amorevole di Paolo, quando un pensiero ha spezzato l’idillio: e se fossi già incinta?

 

Un piccolo tremito mi ha attraversata lungo tutta la colonna. Non potevo attendere un istante ancora, dovevo sapere! Prendo il test di gravidanza e mi chiudo in bagno. Mi sento come il condannato a morte in attesa del suo ultimo pasto. Guardo, non guardo? Tengo in mano la provetta e osservo se si colorano le due strisce? Che faccio? Mentre sono nel turbinio dei miei dubbi amletici, il tempo, necessario all’attrezzo per colorarsi, è passato. Le mani mi tremano e sento il viso che si infiamma, ma la curiosità è tanta per cui lo prendo e osservo il risultato. Sono incinta!

 

Corro da mio marito saltellando per il corridoio che ci divide. Lui è più sorpreso ed incredulo di me! Mi abbraccia, infila le scarpe e la giacca ed esce di casa. Ritorna dopo un tempo, che mi è parso lungo quanto un’era glaciale, con un sacchetto contenente altri tre test di gravidanza! Tutti e tre positivi! Sono incinta e sono certa che si tratti di una bambina. 

L’euforia è tanta, ogni giorno mi immagino il visino della mia bimba, le sue manine cicciottelle, la pelle morbida e profumata. Immagino i baci e le carezze, le coccole. Percepisco i suoi movimenti fetali e ogni volta è un sussulto!

Scelgo di essere seguita da due ginecologi per essere tranquilla, per cui ad ogni visita ed ecografia in ospedale, ne segue una privata.

Al terzo mese di gravidanza inizio a comprare il corredino per la mia piccola e scelgo il nome. Sarà Aurora.

Ho bisogno di stabilire un contatto profondo con la mia bambina, perché non mi capacito ancora che diventerò presto mamma e Aurora avrà un padre meraviglioso. Appendo il bavaglino, ricamato con il suo nome, in sala. È un modo per rendere visibile, presente e palpabile la vita che germoglia dentro me anche all’esterno. Ho il desiderio di avvolgere tutto con la sua gioia e la mia.  Al sesto mese tutto è pronto per accogliere Aurora. La mia pancia è evidente ed io sono orgogliosa di rispecchiarmici.

Poi una mattina mi sveglio con dei dolori. Non mi preoccupo un gran che, la sera prima ho mangiato abbondantemente e imputo il malessere alla difficoltà digestiva. Quella mattina ho appuntamento in ospedale per esami di routine e mi reco con mia mamma.

I dolori aumentano, ma non dico nulla. Temo di incorrere nella figura della donna apprensiva. Terminato l’esame, vado al mercato e scelgo altre tutine per Aurora e rientro a casa. I dolori non sono scomparsi. Avverto una morsa che comprime e rilascia la pancia. Continuo a non dire nulla, mi imbarazza confessare la grande abbuffata della sera precedente. Finché non mi reco in bagno e vedo del sangue rosso!

Sprofondo nell’angoscia totale, i pensieri più nefasti si aggrovigliano in testa. Mi sento stordita come se avessi picchiato violentemente la testa contro un muro e avessi perso conoscenza. Corro in ospedale con mia madre e la flebile speranza di essere rassicurata e tornare a casa sollevata da tutti i timori che si sono ammassati come una folla disperata nella mia mente.

Non ho bisogno di attendere il risultato dell’ecografia. Il legame con mia figlia si è dissolto, non la sento più…le ore successive sono un ricordo ancora confuso nella mia mente.

Mi portano in sala parto, piango, mi dispero, sento il freddo che si impossessa di ogni centimetro della mia pelle. Ricordo che tutto scorreva intorno a me, ed io mi sentivo incapace di reagire o emettere anche un solo cenno di dolore o disperazione. Era come se il mio corpo stesse muovendosi separatamente dalla mia anima e dalla mia mente.

Ho solo dei terribili flash. Parole che mi giungevano e ribalzavano, parole lontane e prive di significato. Il mio corpo obbediva, ma io ero chissà dove. All’ospedale accorrono mia suocera e mia cognata. Ricordo nitidamente le loro parole. Mi sono entrate nel cervello come una lancia e non potrò mai dimenticarle. Mia cognata mi esorta a farmi somministrare un antidolorifico e poi aggiunge “tanto è morta! Poi ne farai un’altra!” mia suocera incalza dicendomi “ora sai cosa significa essere madre”.

Nonostante siano passati dodici anni non riesco ancora a trovare il senso delle loro affermazioni e confesso che non riesco ancora a perdonarle.

Il travaglio e il parto sono lunghi, ma alla fine tutto finisce ed Aurora lascia il mio corpo.

Quando rientro a casa mio marito e mia madre hanno tolto qualsiasi oggetto potesse ricondurmi ad Aurora, persino il bavaglino appeso in sala…

Mi muovo come un automa, mi sento vuota, persa. Mi rivolgo ad una terapeuta.  Passano cinque lunghi anni e, conclusa la terapia, mi rendo conto di non aver neppure pensato alla sepoltura della mia piccola! Come ho potuto?

Non riesco a darmi pace e comincio ad indagare su cosa accade ai bambini non nati. Sono determinata, ho bisogno di sapere dove sia finita Aurora fuori dal mio grembo.

Perché nessuno mi ha detto che avrei potuto farle il funerale, perché hanno taciuto sulla sua sepoltura? Finalmente dopo lunghi pellegrinaggi fra obitori e cimiteri scopro che Aurora è sepolta, ma non vi è traccia del suo nome sulla lapide, ci sono le mie iniziali per riconoscerla. Vado a trovarla da sola, poi insieme a Paolo, non provo alcuna emozione. Sono nello stesso gelo e vuoto di quel giorno in ospedale.

Ho accettato la morte di Aurora, ma non l’ho ancora vissuta pienamente.

Nel frattempo sono rimasta nuovamente incinta. Ho avuto attimi di panico al sesto mese, ma sapere che Jonathan era un maschio, mi ha permesso di non riporre aspettative come se fosse Aurora.

Johantan è venuto alla luce il giorno della “giornata mondiale delle morti prenatali”, ma questo non ha interferito sul suo cammino e sulla mia gioia di diventare madre e in qualche modo, quel giorno, mi permette di vivere i mei due figli. Due angeli che sono passati attraverso il mio grembo.

Citando Gianna Nanni “Sei nell'anima, e li ti lascio per sempre, sospeso, immobile, fermo immagine, un segno che non passa mai…” (Sei nell’anima 2006)

 

Foto di Manuel Alejandro Leon by Pixabay


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COMMENTI

Tiffany13-05-21 22:16
Il dolore degli altri non sempre riusciamo a comprenderlo, in quei casi è meglio star vicini in silenzio
Donna Incanto13-05-21 22:20
Verissimo....
Monica14-05-21 0:14
Bellezza collaterale......n Amore che resterà impresso in.ogni segno che la Vita ci regala .Resteranno sempre ...vicino al cuore col sorriso ❤
Giada14-05-21 0:48
Giada14-05-21 0:48
Donna Incanto14-05-21 0:48
grazie Monica per il tuo dolce pensiero

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