|
|
Complice il periodo del lungo "lock-down" e di tutte le restrizioni che sono seguite, le persone sembrano aver modificato le proprie priorità, lasciando spazio al sentirsi bene e non più fagocitati dalla frenesia lavorativa.
Questo non implica una resa minore sul lavoro o una minore responsabilità rispetto al ruolo ricoperto, significa solamente che le persone stanno imparando a porre dei limiti rispetto ad orari assurdi e disponibilità continua.
In un mondo iperconnesso, disconnettersi dal lavoro non è segno di disinteresse, ma un timido inizio verso una svolta dove la persona e le sue relazioni diventano il punto di partenza nell'organizzazione della vita.
Imparare ad amare l'ozio, il riposo e il valore delle relazioni sono il segnale verso una maturazione. Dopotutto l'efficienza lavorativa non è indice di competenza anche in altre situazioni. Noi non siamo il nostro lavoro o lo stato sociale che abbiamo raggiunto grazie ad esso. Siamo esseri umani e il nostro valore non sempre è proporzionale al conto in banca.
Spero tanto che il fenomeno non sia una semplice meteora, ma un timido inizio verso un mondo più rispettoso dell'altro e della natura.
COMMENTI