Amore, professione e burlesque

Prendiamo una Preside di un liceo e un ragazzo maggiorenne. Lei lo riceve nel suo ufficio e lo ascolta rispetto alle problematiche della scuola. Si scambiano dei messaggi che porteranno successivamente alla denuncia alle autorità competenti. Lei proverà a difendersi, ma ormai la notizia è giunta alla stampa e il suo nome appare su tutte le testate giornalistiche. Quello del ragazzo no, seppur maggiorenne.

Non si tratta della trama di un film o di una telenovela, tantomeno la presentazione di un libro intrigante. Heinrich Böll ne scrisse uno con una trama simile. “l’onere perduto di Katarina Blumm” che narrava la campagna diffamatoria dei media rispetto ad una donna, ingiustamente accusata di omicidio, processata dai giornali. Nel romanzo si scopriva che non era lei l’assassina, ma ormai la sua reputazione era distrutta.

Il punto della questione, su cui si sono concentrati i media, è stato proprio quello di alimentare la discussione che facilmente infiamma gli animi. Colpevole o innocente? 

Non credo che la questione che dovrebbe inorridire sia questa, ma il fatto che, ancor prima che venisse accertata la presenza o meno del reato, il processo si è già svolto, impedendo il giusto corso della giustizia.

Siamo talmente abituati al palcoscenico mediatico e a sentirci autorizzati ad emettere sentenze e giudizi che non ci accorgiamo dei danni che provochiamo. Non importa se sia corretto o meno il comportamento delle testate giornalistiche, non ci scandalizziamo che notizie non ancora verificate vengano pubblicate, ma alimentiamo quel misero teatro, più simile alle telenovele, schierandoci o pro o contro un certo comportamento. Esprimiamo giudizi lapidari sul fatto presumibilmente accaduto e non ci preoccupiamo che le questioni in gioco sono altre.

La prima è legata al desiderio spasmodico della stampa di riportare notizie con estrema superficialità e poca attenzione alla verifica dei fatti. La seconda riguarda sempre il modo di diffondere le notizie, sempre più vicine al pettegolezzo o al burlesque. Azioni che offuscano le menti dei lettori spingendoli a crearsi opinioni ed esprimere giudizi molto più vicini al pettegolezzo delle portinaie e imbruttendo chi crede a fa ancora buon giornalismo. 

L’etica imporrebbe un atteggiamento ben lontano da ciò a cui siamo abituati ad assistere, ed in primis, imporrebbe alle base un altro tipo di domanda da porsi. È opportuno e lecito mettere alla gogna le persone ancor prima che siano stati verificati i fatti? È corretto, allorché si ricoprono cariche pubbliche o con determinate caratteristiche, ignorare il ruolo ricoperto?

Nel caso specifico della vicenda, fintanto che le autorità preposte all’indagine, non chiariranno cosa sia esattamente accaduto, sarebbe il caso di astenersi da inutili e sterili commenti che hanno solo la prerogativa di falsificare e rendere più complesse le indagini. Teniamo presente che potrebbe anche essere anche accaduto che il ragazzo abbia approfittato della situazione infiocchettando fatti non realmente accaduti.

Se sono Preside, se ricopro una carica pubblica, se sono un manager di un’azienda o comunque se ricopro un ruolo di responsabilità non dovrei mai permettere alle mie emozioni più forti, ai miei istinti di prendere il sopravvento e se ciò dovesse accadere dovrei prendere seriamente la questione e pormi la domanda se valga la pena. Nel caso in cui la situazione mi portasse a sentire che quella potrebbe essere la strada per la mia felicità, dovrei avere il coraggio di intraprenderla rinunciando al mio posto di prestigio.

Ciascuno è libero di innamorarsi di chi crede e non sei macho se hai 20, 30 anni in più della tua compagna, come non sei un’approfittatrice se hai una relazione con un uomo più giovane. Sono d’accordo che non bisogna fare un distinguo fra i sessi in termini d’amore, ma la partita che si sta giocando in questo frangente non è sulla differenza d’età, ma sui ruoli dei due attori e il comportamento etico che va mantenuto in certe posizioni.


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