Avrò cura di te.

La compagnia gentile e sensibile offerta da una persona empatica fornisce l’illuminazione e la guarigione. (Carl Rogers)

Eleonora 21 anni fa diventa madre di un magnifico bambino. La prima gravidanza indissolubilmente legata a forti emozioni, i primi movimenti fetali, il parto, le cure, lo svezzamento sono esperienze elettrizzanti.

Gioisce di ogni momento e scoperta della relazione con Paolo. Ogni giorno è una danza a due. È un bambino curioso ed intraprendente. Lei lo identifica come un dono dal cielo.

Quale madre non è stata avvolta da questo pensiero?

Immaginare la potenza della vita, l’essere lo strumento che lo permette è di per sé grandioso. Quando siamo capaci di osservare le prime interazioni, i sorrisi, il desiderio di conquista, come non può sciogliersi il nostro cuore, le nostre viscere ed essere fiere della potenza femminile, custode della vita?

La sua vita scorre su due binari, come spesso accade a noi donne, Il lavoro, la volontà di mantenere la posizione acquisita e la famiglia che ora comprende la cura per Paolo e il desiderio di non perdere neppure un attimo prezioso.

Eleonora è intimamente risoluta nel dedicare le sue energie per mantenere le due situazioni equilibrate.

La sua vita scorre, giorno dopo giorno, nel sottofondo idilliaco della relazione col figlio. Lui è precoce. Impara presto a zampettare, arrampicarsi e parlare.

Finché una notte il piccolo si sente male, ha la febbre alta e sopraggiungono le convulsioni. La corsa in ospedale sembra interminabile ed Eleonora teme per la salute del figlio.

Quella notte sarà la premessa di un grande cambiamento all’interno della famiglia.

Paolo ha perso l’uso della parola, la capacità motoria e il controllo degli sfinteri.

La madre si sente come all’interno di una bolla atemporale, non si dà pace, non riesce a trovare delle risposte che la possano confortare. Le parole dei medici sembrano giungere da lontano, come un rumore di sottofondo.

Sente il dolore nel petto, nelle ossa e nella pelle. La terribile sentenza sul destino di Paolo rimbomba nella testa come un mantra: “Paolo non sarà più il bambino di prima, non potrà più camminare, il danno è ingente per cui non potrà più avere una vita normale” .

Non riesce a ricomporre i cocci di quel vaso frantumato.

Come è potuto accadere tutto ciò? Dove è finito quel curioso bambino che conosceva?

Permette al dolore di trafiggerla, piange, non dorme, le sue giornate sono prive di senso.

Finché decide di dare una svolta alla loro vita. È convinta che Paolo abbia il diritto ad una seconda possibilità e lei farà di tutto per concedergliela.

Deve assolutamente tentare il tutto per tutto, scovare anche il più piccolo granello di speranza, tenacia e coltivarlo, coccolarlo senza arrendersi.

Iniziano i viaggi, i pellegrinaggi, le indagini diagnostiche, per confermare e/o smentire la prognosi, ma soprattutto per trovare la cura.

Eleonora lavora in libera professione e sa bene che questa missione porterà ad una battuta d’arresto economico, ma è convinta che si tratti di un effetto collaterale a cui non deve dare eccessivo peso, quindi sceglie di occuparsi di Paolo.

Nonostante gli sforzi il piccolo sembra non migliorare ed il periodo nefasto si arricchisce di complicazioni.

Il suo lavoro è ridotto alla sussistenza, le incomprensioni con il marito sulla scelta di Eleonora diventano tali che si concludono con la separazione quando Paolo avrà compiuto 7 anni.

Le complicazioni e le sconfitte non si arrestano, il giudice stabilisce che sia la madre a dover lasciare la casa coniugale e affidi i figli al padre perché in prepensionamento, quindi con maggiore tempo da dedicare alla cura dei figli. Peccato che il padre non appoggi la scelta della madre e non intenda proseguire con le terapie per Paolo.

Eleonora si trasferisce presso la casa materna.

Si tratta di un ritorno che l’aiuta a non perdersi d’animo. La nonna è una delle poche che crede e supporta la donna.

Passano i mesi, poi gli anni, Paolo migliora lentamente, ma a sette anni è ancora inchiodato alla sedia a rotelle.

Lei non cede il passo alla rassegnazione o allo sconforto e prosegue la sua crociata per la rinascita del figlio.

I suoi sforzi saranno ricompensati dopo sette lunghi anni da quel giorno terribile.

Sono al parco, Eleonora lo sta portando in passeggino e finalmente Paolo si alza in piedi e riprende a camminare!

Lei non potrà mai dimenticare quel giorno.

Ora Paolo ha 21 anni, ha concluso le scuole ed è alla ricerca di un impiego.

È autonomo e coraggioso, tutto questo grazie alla sua forza interiore e al coraggio di sua madre che ha saputo affrontare la vita con dignità, senza arrendersi, trasformando un veleno in medicina.


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