La connessione di Rebecca con Lilith

Lilith: la prima donna di Adamo che venne rifiutata ed espulsa dal Paradiso per non essersi voluta sottomettere al potere patriarcale (13 donne per 13 lune – 2020)


Se fossi nata nel periodo dell’inquisizione, probabilmente non avrei avuto la possibilità di raccontare la mia storia. A quel tempo le donne indipendenti o custodi del sapere - in pratica le odierne outsider - che infrangevano le regole sociali non scritte erano punite con l’accusa di stregoneria, sottoposte al tribunale dell’inquisizione e dopo torture inenarrabili, messe al rogo.


Per mia fortuna sono nata negli anni 60, per cui mi è stata risparmiata la gogna, ma ho vissuto l’isolamento psichico - non meno doloroso - solo perché, fin da ragazzina, bramavo per il mio desiderio di realizzazione.

Sono ormai giunta alle 60 primavere e vivo la mia vita circondata dagli affetti, quelli veri. Sono nata e cresciuta in una cittadina del sud Italia, dove la formalità si fonde completamente con la vita sociale creando un tessuto resistente, dalla trama fittissima, quasi una seconda pelle che si avviluppa al corpo, costringendoti ad indossarlo anche se non ti permette di respirare. Come il corsetto delinea la figura di una donna, imponendole respiro corto e movimenti limitati, così si sentiva la mia psiche, incapace di sottostare al rigore formale della mia comunità. I miei desideri erano considerati inaccettabili - ora per fortuna non è più così - ma a quei tempi, ero costretta ad una mediazione continua fra il mio sentire e quello della città in cui vivevo. In adolescenza amavo l’atletica, ero anche brava nella disciplina, ma non mi era permesso di gareggiare alle regionali, perché femmina!


Già a quel tempo avvertivo una sorta di ingiustizia sociale. Il mio disagio interiore era una sorta di danza che non mi permetteva di rimanere inerte rispetto al non sentirmi a mio agio. Mi comportavo secondo le convenzioni, frequentavo la chiesa, andavo a messa, studiavo e mi dedicavo ai miei interessi, ma dentro di me avvertivo il fuoco, la ribellione per non poter essere me stessa pienamente.

Ricordo i miei tormenti adolescenziali e il mio tentativo di tenerli assopiti, ma l’impegno per mantenere in equilibrio questi due aspetti era logorante. Mi sentivo perennemente in lotta fra il mio desiderio di autonomia ed indipendenza (considerato come il diavolo/male) e la recitazione del ruolo della brava ragazza (bene/divino).

Il contesto culturale dove vivevo mi trasmetteva incessantemente il modello che le mie idee ed aspirazioni fossero pericolose, sebbene io lo considerassi solo una discriminazione di genere.

Nel mio tormento adolescenziale vengo a contatto con un sacerdote che mi ascolta e supporta e ho accesso al mondo del volontariato.

Ricordo quel periodo della mia vita con dolcezza, il contatto con la disabilità, la loro sofferenza ed umanità placa la mia essenza. Loro sono spontanei, dolci e sanno dare e ricevere amore in modo incondizionato.

Nel gruppo dei volontari incontro anche l’uomo che sarebbe poi diventato mio marito, ci conosciamo ancora molto giovani e ci sposiamo dopo otto anni. Decidiamo di sposarci senza troppi sfarzi, un’idea molto lontana dal concetto di matrimonio nel sud, dove è l’occasione per mostrare a tutti opulenza e sfarzo.

I primi anni trascorrono senza grandi problemi, poi iniziano le incomprensioni ed io mi ritrovo catapultata nel baratro, ingabbiata nel terribile corsetto. Sono anni difficili, duri in cui la mia psiche conosce nuovamente la sofferenza. La gioia della maternità viene offuscata dalla depressione in agguato. Sono anni costellati di lutti, perdo mia madre e mia sorella e poi perdo il contatto con me stessa.

 Mio marito, nonostante sia un medico, non accetta la mia depressione ed io mi trovo, con addosso il corsetto che mi fa mancare il fiato.

Mi sento inadeguata su tutti i fronti: come donna, come madre e moglie. Sono anni avvolti da inquietudine e paura. Il malessere prende il sopravvento e inizia la convivenza con gli attacchi di panico.

Sono sola, nonostante intorno a me ci siano la famiglia e gli affetti. Sola con le mie domande, sola con i mei pensieri. Ho la sensazione di essere un mucchio di ossa che vaga per il mondo… stremata dalla situazione, decido di andare in analisi per cercare di  comprendere l’origine del mio malessere.

Gli anni di terapia sono difficili, affrontare i mostri psichici è sempre un’impresa ardua, ma resisto, e lentamente riprendo possesso della mia parte più intima. 

Mio marito è sempre più distante da me e quando intuisce che la nostra unione sta per eclissare, inizia una campagna di denigrazione nei miei confronti con i miei figli. Io non posso più aspettare e per poter uscire dal maledetto corsetto e ricominciare a respirare a pieni polmoni devo assolutamente prendere una decisione difficile. La Bolen scrive che “il vero prezzo di qualsiasi decisione è dato da ciò che rinunciamo per ottenere quella cosa” (Le Dee Dentro la Donna – 1991)

La mia separazione ha comportato l’abbandono della casa coniugale e la rinuncia ai miei figli! Ma per me era vitale sopravvivere e uscire di casa. Lasciare i miei figli con il padre era l’unica soluzione possibile per poter creare un legame autentico con loro e con me stessa. Ero contemporaneamente smarrita e vitale! Di nuovo in equilibrio precario, ma questa volta ero io a scegliere come imparare a fare la funambola! Compro una piccola casa con un giardino e accolgo i miei figli, conosco un uomo che mi sostiene nel difficile lavoro di ricostruzione e scrivo…la scrittura è stata la mia salvezza, insieme alla terapia che in 10 anni ha smantellato tutti i miei timori e mi ha permesso di scegliere la vita più vicina alla mia essenza.

Il periodo fra i 30 e i 40 anni è stato catartico per me, il corsetto che indossavo si stringeva sempre di più e alla fine si è sfilacciato seminando frammenti ovunque. Quando mi guardavo allo specchio non mi riconoscevo più. Non ero in grado di intravvedere la donna, la bambina che un tempo anelavo diventare.

Uscire di casa, iniziare una terapia mi ha permesso di costruire la donna e la madre che ora sono. Spezzando tutte le antiche catene che mi tormentavano sono stata in grado di creare un rapporto autentico con i miei figli, quel rapporto che non ero riuscita a costruire mentre ero anche moglie.

Ora il ricordo di quel periodo è lontano e vivo la mia vita con gioia e serenità. 


foto di sarahrichterart



Parole Chiave:

COMMENTI

INSERISCI UN COMMENTO

Inserisci il tuo nome

Questo sito NON immagazzina le informazioni degli utenti. Ti consigliamo di non utilizzare il tuo cognome.